
Inquinamento e danno ambientale
La legge del 22 maggio 2015, n. 68 ha, per la prima volta, classificato l’illecito ambientale come delitto (illecito precedentemente punito facendo riferimento al cd. “disastro innominato” previsto all’articolo 434 del codice penale, causando diverse problematiche dal punto di vista sia giudiziario che probatorio).
Sebbene non ne faccia un espresso rinvio, la normativa italiana si ispira alla normativa UE in materia di diritto penale ambientale (Direttiva UE 2008/99/CE) che fissa un “livello minimo di tutela” volto a garantire la protezione dell’ambiente tramite delle indicazioni generali (spetterà quindi poi agli Stati membri attuare queste indicazioni tramite norme interne).
Il legislatore ha così deciso di intervenire restringendo la fattispecie in ossequio a quei requisiti di tassatività e determinatezza che presidiano la materia penale e ha introdotto due nuove categorie volte a rafforzare il sistema di tutela:
- Inquinamento ambientale (452 bis cp): È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
- delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
- di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata
- Danno ambientale (art 542-quater cp): Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:
- l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
- l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
- l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Il problema della tassatività e determinatezza
Quanto all’art 452 bis, la fattispecie è costituita in modo ampio (“chiunque cagiona…”), quindi il reato può essere commesso attraverso un’ampia serie di condotte attive od omissive, tra cui condotte che riguardano i principali settori ambientali (acqua, aria, rifiuti); altre forme di inquinamento, come l’immissione nell’ambiente di sostanze chimiche, organismi geneticamente modificati, materiali radioattivi o qualsiasi elemento che provochi un peggioramento dell’equilibrio ambientale.
Il reato si struttura attorno al concetto di compromissione o deterioramento di beni ambientali, purché questi siano significativi e misurabili. Tuttavia i concetti di compromissione e deterioramento significativo e misurabile non sono definiti chiaramente, lasciando ampio margine interpretativo ai giudici e assumendosi così il rischio di un giudice che funga da “cripto legistore”, che sarà tentato di colmare lacune legislative dietro dissimulate vesti di interpretazione estensiva e finendo così per confliggere col più generale principio di ermeneutica tassativa vigente nel diritto penale (l’interpretazione può muoversi solo se vi è penombra di significato e solo nell’arco delle letture ermeneutiche che il testo stesso autorizza). Resta incerto anche l’oggetto della compromissione o deterioramento: “porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo” e lasciate dunque alla discrezionalità del giudice.
Non meno problematica la lettura interpretativa del cd. danno ambientale all’art 452 quater cp che, pur essendo più dettagliata di quella all’art 434 cp, solleva comunque alcune perplessità sul piano della determinatezza sancita all’art 25/2 Cost. Tali criticità derivano principalmente da due aspetti:
- Le nozioni di irreversibilità e onerosa reversibilità non sono immediatamente intellegibili. Non è chiarito con precisione in che modo valutare il carattere definitivo del danno. Per esempio, un ecosistema potrebbe essere considerato “irreversibilmente compromesso” se il tempo necessario per un ripristino naturale o artificiale è talmente lungo da risultare incompatibile con le capacità umane di intervento. Tuttavia, l’assenza di parametri oggettivi (ad esempio, un limite temporale definito) rende questa valutazione discrezionale. Quanto all’onerosa reversibilità, la norma richiede che il ripristino dell’ecosistema sia particolarmente oneroso che possibile solo mediante provvedimenti eccezionali, ma non specifica quali siano i criteri per quantificare tali oneri o identificare la natura dei provvedimenti eccezionali.
- La struttura alternativa della norma che prevede tre ipotesi per configurare il disastro ambientale (irreversibilità, onerosa reversibilità, o offesa alla pubblica incolumità). Questa struttura amplia il campo di applicazione del reato, ma rende meno chiari i confini con altre fattispecie penali (non è ben chiaro quando l’evento di danno all’ambiente debba ricadere nel 434 cp e quando nel 452-quater). La stessa clausola di riserva “fuori dai casi previsti dall’art 434 cp” crea incertezze rispetto alla sua effettiva ratio operativa: se l’evento dannoso non è un disastro ambientale qualificabile ai sensi del 452-quater si applica il 434 (disastro ambientale) e la clausola risulta essere superflua (non essendoci contrasto tra le due norme); quando invece l’evento è qualificabile come disastro ambientale dovrà rientrare nell’ambito di applicazione del 452-quater, concepito proprio per offrire una tutela maggiore (la clausola sembra ancora una volta essere superflua). In caso di disastro ambientale dovrebbe dunque prevalere il 452-quater ma risulta tuttavia essere necessario un intervento del legislatore per prevenire possibili conflitti o sovrapposizioni delle disposizioni normative.
Alice Palumbo